Riflessioni Bibliche

Quando la fossa dei leoni diventa un pulpito

today20 Maggio 2025

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Passo di riferimento.

Parve bene a Dario di affidare l’amministrazione del suo regno a centoventi satrapi, distribuiti in tutte le province del regno.
Sopra di loro nominò tre capi, uno dei quali era Daniele, perché i satrapi rendessero conto a loro e il re non dovesse soffrire alcun danno.
Questo Daniele si distingueva tra i capi e i satrapi, perché c’era in lui uno spirito straordinario; il re pensava di stabilirlo sopra tutto il suo regno.
Allora i capi e i satrapi cercarono di trovare un’occasione per accusare Daniele circa l’amministrazione del regno, ma non potevano trovare alcuna occasione né alcun motivo di riprensione, perché egli era fedele e non c’era in lui alcuna mancanza da potergli rimproverare.
Quegli uomini dissero dunque: «Noi non avremo nessun pretesto per accusare questo Daniele, se non lo troviamo in quello che concerne la legge del suo Dio».
Allora capi e satrapi vennero tumultuosamente presso il re e gli dissero: «Vivi in eterno, o re Dario! Tutti i capi del regno, i prefetti e i satrapi, i consiglieri e i governatori si sono accordati perché il re promulghi un decreto e imponga un severo divieto: chiunque, per un periodo di trenta giorni, rivolgerà una richiesta a qualsiasi dio o uomo tranne che a te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni. Ora, o re, promulga il divieto e firma il decreto, perché sia immutabile, conformemente alla legge dei Medi e dei Persiani, che è irrevocabile».
Il re Dario quindi firmò il decreto e il divieto.
Quando Daniele seppe che il decreto era firmato, andò a casa sua e, tenendo le finestre della sua camera superiore aperte verso Gerusalemme, tre volte al giorno si metteva in ginocchio, pregava e ringraziava il suo Dio come era solito fare anche prima.
Allora quegli uomini accorsero in fretta e trovarono Daniele che pregava e invocava il suo Dio.
Poi si recarono dal re e gli ricordarono il divieto reale: «Non hai tu decretato che chiunque per un periodo di trenta giorni farà una richiesta a qualsiasi dio o uomo tranne che a te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni?» Il re rispose e disse: «Così ho stabilito secondo la legge dei Medi e dei Persiani, che è irrevocabile».
Allora quelli ripresero la parola e dissero al re: «Daniele, uno dei deportati dalla Giudea, non tiene in nessun conto né te né il divieto che tu hai firmato, o re, ma prega il suo Dio tre volte al giorno».
Udito questo, il re ne fu molto addolorato; si mise in animo di liberare Daniele e fino al tramonto del sole fece di tutto per salvarlo.
Ma quegli uomini vennero tumultuosamente dal re e gli dissero: «Sappi, o re, che la legge dei Medi e dei Persiani vuole che nessun divieto o decreto promulgato dal re venga mutato».
Allora il re ordinò che Daniele fosse preso e gettato nella fossa dei leoni. E il re parlò a Daniele e gli disse: «Il tuo Dio, che tu servi con perseveranza, sarà lui a liberarti».
Poi fu portata una pietra e fu messa sull’apertura della fossa; il re la sigillò con il suo anello e con l’anello dei suoi grandi, perché nulla fosse mutato riguardo a Daniele.
Allora il re ritornò al suo palazzo e digiunò tutta la notte; non fece venire nessuna delle concubine e non riuscì a dormire.
La mattina il re si alzò molto presto, appena fu giorno, e si recò in fretta alla fossa dei leoni.
Quando fu vicino alla fossa, chiamò Daniele con voce angosciata e gli disse: «Daniele, servo del Dio vivente! Il tuo Dio, che tu servi con perseveranza, ha potuto liberarti dai leoni?»
Daniele rispose al re: «Vivi per sempre, o re! Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso la bocca dei leoni; essi non mi hanno fatto nessun male, perché sono stato trovato innocente davanti a lui, e anche davanti a te, o re, non ho fatto niente di male».
Allora il re fu molto contento e ordinò che Daniele fosse tirato fuori dalla fossa. Daniele fu tirato fuori dalla fossa e non si trovò su di lui nessuna ferita, perché aveva avuto fiducia nel suo Dio.
Per ordine del re, gli uomini che avevano accusato Daniele furono presi e gettati nella fossa dei leoni con i loro figli e le loro mogli. Non erano ancora giunti in fondo alla fossa, che i leoni si lanciarono su di loro e stritolarono tutte le loro ossa.
Allora il re Dario scrisse alle genti di ogni popolo, nazione e lingua che abitavano su tutta la terra: «Pace e prosperità vi siano date in abbondanza! Io decreto che in tutto il territorio del mio regno si tema e si rispetti il Dio di Daniele, perché è il Dio vivente che dura in eterno; il suo regno non sarà mai distrutto e il suo dominio durerà sino alla fine. Egli libera e salva, fa segni e prodigi in cielo e in terra. È lui che ha liberato Daniele dalle zampe dei leoni».
Daniele prosperò durante il regno di Dario e durante il regno di Ciro, il Persiano.

📖Daniele 6:1-28


Riflessione.


Ci sono momenti nella vita in cui ci sembra di essere gettati in una fossa. Abbiamo camminato rettamente, siamo stati fedeli, abbiamo scelto Dio anche quando costava… eppure ci ritroviamo in mezzo a prove che sembrano ingiuste, troppo grandi, e completamente fuori dal nostro controllo.

È proprio quello che accade a Daniele.

Daniele non ha fatto nulla di male. È integro, coerente, e fedele. Ma proprio la sua fedeltà diventa motivo di invidia e attacco. I suoi nemici organizzano una trappola. Lo vogliono eliminare. E qui arriva qualcosa di importante: Dio non ha fermato quelle persone malvagie. Non ha bloccato il loro piano. Non ha impedito che il decreto fosse firmato. Non ha interrotto il momento in cui Daniele è stato gettato nella fossa dei leoni.

Dio ha permesso tutto questo.

Eppure, proprio nel mezzo della prova più profonda, Dio si glorifica.
Dio ha mandato il suo angelo. Dio ha chiuso la bocca dei leoni. Daniele ne esce senza graffi, senza ferite, senza alcun danno. Perché?

“Non si trovò su di lui alcuna lesione, perché aveva confidato nel suo Dio.” (Daniele 6:23)

Che dichiarazione potente. Daniele aveva confidato nel suo Dio. Non nel re. Non nella legge. Non nelle circostanze. Solo in Dio.
E proprio in quel momento così buio e umanamente senza via d’uscita, la salvezza di Dio diventa la manifestazione della Sua gloria.



Quando Dio salva, glorifica il Suo nome

La Bibbia è chiara: quando Dio interviene, le persone Lo glorificano.
Gesù stesso diceva che le sue opere glorificavano il Padre. In Giovanni 11:4, parlando della morte di Lazzaro, afferma:

“Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato.”

Ogni volta che Gesù guariva, liberava, perdonava… il Padre veniva glorificato dagli uomini.

Allo stesso modo, la fossa dei leoni non è stata solo il luogo della prova per Daniele, ma anche il luogo della rivelazione di Dio. E chi ha visto questo? Il re stesso. Dario, l’autorità pagana che aveva firmato il decreto, ora proclama:

“Egli è il Dio vivente, che dura in eterno… il suo regno non sarà mai distrutto.” (Daniele 6:26)

È stato il miracolo nella difficoltà a portare gloria a Dio.


Che giogo porti quando sei nella fossa?

C’è un passo di Gesù che personalmente tocca profondamente:

“Prendete su di voi il mio giogo, e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo per le anime vostre. Poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero.”
(Matteo 11:29-30)

Pensiamoci un attimo: e se Daniele avesse preso un altro giogo?
Se avesse portato il giogo dell’amarezza, della rabbia, del rancore verso chi lo aveva tradito?
Sarebbe rimasto calmo? Sarebbe rimasto integro?

No.
Ma Daniele ha scelto un altro giogo: quello della fedeltà, dell’ubbidienza, della fiducia nel Dio vivente.
Ha scelto di non lasciarsi inquinare dal male, ma di restare puro davanti a Dio.

E il giogo di Cristo cioè i suoi insegnamenti, il suo stile di vita, la sua mansuetudine non è un peso che opprime, ma una via che libera.
Gesù non ci chiama solo a credere, ma a camminare come Lui. A portare il Suo giogo, che significa: perdonare, amare i nemici, essere miti, pregare invece di reagire con rabbia.

Quel giogo, in apparenza più difficile… in realtà è dolce.
Perché ci protegge dal diventare ciò che ci sta combattendo.


La fossa parla

Alla fine, la fossa diventa il pulpito.
Non perché Daniele predica, ma perché la sua vita parla.
Non è lui a proclamare la grandezza di Dio, ma il re, colpito dalla salvezza miracolosa.

Dio si è glorificato proprio nel momento in cui tutto sembrava perduto.
E la gloria che ne è uscita ha raggiunto l’intero impero.

Certo, la prova fa paura.
Non è facile essere fedeli quando senti il peso dell’ingiustizia, o quando scopri che altri tramano contro di te, magari in silenzio, mentre tu cerchi solo di fare il bene.

Ma anche quando gli uomini complottano, c’è un altro che veglia sulle anime nostre.
Un Dio che non è mai distratto. Che non è mai in ritardo. Che non si lascia cogliere di sorpresa.

La Scrittura lo dice chiaramente:

“Non toccate i miei unti, non fate alcun male ai miei profeti.” (Salmo 105:15)

E questo non è solo un avvertimento per chi fa il male.
È anche una promessa per chi appartiene a Dio:
Tu sei custodito. Sei visto. Sei sotto protezione.

Dio vi benedica.


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Scritto da: Abramo Spina

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