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Mentre essi ascoltavano queste cose, Gesù aggiunse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio stesse per manifestarsi immediatamente.
Disse dunque: «Un uomo nobile se ne andò in un paese lontano per ricevere l’investitura di un regno e poi tornare.
Chiamati a sé dieci suoi servi, diede loro dieci mine e disse loro: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”.
Or i suoi concittadini lo odiavano e gli mandarono dietro degli ambasciatori per dire: “Non vogliamo che costui regni su di noi”.
Quando egli fu tornato, dopo aver ricevuto l’investitura del regno, fece venire quei servi ai quali aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ognuno avesse guadagnato mettendolo a frutto.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua mina ne ha fruttate altre dieci”. Il re gli disse: “Va bene, servo buono; poiché sei stato fedele nelle minime cose, abbi potere su dieci città”.
Poi venne il secondo, dicendo: “La tua mina, Signore, ha fruttato cinque mine”.
Egli disse anche a questo: “E tu sii a capo di cinque città”. Poi ne venne un altro che disse: “Signore, ecco la tua mina che ho tenuta nascosta in un fazzoletto, perché ho avuto paura di te che sei un uomo duro; tu prendi quello che non hai depositato e mieti quello che non hai seminato”.
Il re gli disse: “Dalle tue parole ti giudicherò, servo malvagio!
Tu sapevi che io sono un uomo duro, che prendo quello che non ho depositato e mieto quello che non ho seminato; perché non hai messo il mio denaro in banca, e io, al mio ritorno, lo avrei riscosso con l’interesse?”
Poi disse a coloro che erano presenti: “Toglietegli la mina e datela a colui che ha dieci mine”.
Essi gli dissero: “Signore, egli ha dieci mine!” “Io vi dico che a chiunque ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.
E questi miei nemici che non volevano che io regnassi su di loro, conduceteli qui e uccideteli in mia presenza”».
Vangelo secondo Luca 19:11-27
Oggi desidero condividere una riflessione sulla parabola dei talenti.
In essa vediamo chiaramente come il Signore rappresenti quel nobile, mentre i suoi servi siamo noi, chiamati ad amministrare ciò che ci ha affidato con fedeltà e impegno.
La parabola ci invita non solo a usare al meglio ciò che il Signore ci ha dato, ma ci ricorda anche che Dio affida a ciascuno di noi delle responsabilità, assegnando compiti e talenti in base alle nostre capacità.
Questo significa che le opportunità e le responsabilità che riceviamo non sono casuali: ognuno di noi è chiamato a far fruttare qualcosa, secondo i doni ricevuti.
Voglio ora rivolgermi a coloro che sanno di avere un compito affidato dal Signore, ma si sentono frustrati dai risultati o scoraggiati dalle persecuzioni e dalle difficoltà della vita.
Potrebbe sembrare che, nonostante tutto il cuore e l’impegno, i frutti siano pochi o invisibili.
Ma ricordiamo che il Signore ci dà fiducia: proprio come in una società, dove un lavoratore che dimostra fedeltà e impegno viene elevato in posizione e dignità, anche Dio riconosce e valorizza la nostra fedeltà.
La Scrittura dice: “Poiché sei stato fedele nelle piccole cose, abbi potere su dieci città.”
Il Signore, prima di affidarci compiti grandi, ci affida cose piccole, e la nostra fedeltà in queste viene messa alla prova e poi premiata.
Spesso, la tentazione di scoraggiarsi è forte, specialmente quando non vediamo risultati immediati, ma la Bibbia ci insegna che Dio premia questa diligenza.
Come dice la parabola, “a chi ha sarà dato.”
Questo significa che chi è fedele nelle piccole cose, e le fa fruttare con impegno, sarà benedetto con ulteriori opportunità e benedizioni.
Spesso, come credenti, possiamo sentirci scoraggiati dal pensiero di non essere “abbastanza bravi” per servire il Signore.
Magari ci troviamo a fare qualcosa che ci sembra al di fuori delle nostre capacità, oppure, anche impegnandoci al massimo, il risultato ci appare imperfetto o inferiore alle nostre aspettative.
Questo può farci sentire inadeguati e, in alcuni casi, indurci addirittura a volerci arrendere, pensando di non essere capaci di offrire un servizio degno di Dio.
Ma ricordiamoci che il Signore guarda non solo ai risultati, ma soprattutto al cuore e all’impegno che mettiamo.
Se hai dato tutto te stesso, mettendo sincerità e dedizione in ciò che fai per Lui, allora Dio lo vede, lo apprezza, e lo valorizza.
Non è la perfezione che Dio cerca da noi, ma la fedeltà e la sincerità nel mettere a frutto i doni che ci ha dato.
Lui sa che siamo umani e conosce ogni nostro limite; sa che alcuni compiti richiederanno tempo e crescita per essere svolti meglio.
Dio apprezza chi si impegna anche quando il lavoro non è facile o perfetto.
Non dobbiamo sentirci in colpa se qualcosa non riesce “perfettamente” secondo i nostri standard, perché Dio riconosce e valorizza ogni passo, ogni sforzo fatto con amore e dedizione.
E, come un Padre paziente, ci darà ulteriori opportunità per migliorare e crescere.
Dunque, cosa ti ha chiamato a fare il Signore in questa stagione della tua vita?
Magari ti ha affidato una piccola responsabilità, un piccolo compito.
Sii fedele in questo, sapendo che Dio vede il tuo impegno e, secondo la tua capacità, ti affiderà altre cose.
Ad esempio, anche nella nostra vita lavorativa, ci sono due tipi di persone: quelle che lavorano solo per lo stipendio, senza fare nulla in più, e quelle che si impegnano sinceramente, investendo per far crescere l’azienda. Similmente, nel Regno di Dio, non possiamo vivere solo di grazie ricevute, ma dobbiamo mettere a frutto quello che Dio ci ha dato.
Anche se non vediamo grandi risultati, se abbiamo dato il massimo, Dio lo vede e riconosce il nostro impegno.
Eppure è pericoloso fare passi indietro e sotterrare i doni e i talenti che Dio ci ha affidato.
La Scrittura ci ammonisce: il Signore ci chiederà conto di ciò che ci ha affidato, e le Sue parole sono chiare: “A chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.”
È importante non venir meno alla diligenza in quello che ci è stato dato, perché Dio premia la fedeltà e desidera che ci impegniamo anche nelle piccole cose per prepararci a compiti più grandi.
Se non siamo disposti a essere fedeli nelle piccole cose, come possiamo aspettarci che ci vengano affidate responsabilità maggiori?
Trafficare i talenti spesso richiede sacrificio, costanza e pazienza.
E ciò che facciamo per il Signore, Lui lo giudicherà giustamente, perché conosce il nostro cuore e sa con quale spirito lavoriamo.
È anche sbagliato giudicare il lavoro degli altri.
Specialmente se chi critica ha scelto di sotterrare il proprio talento invece di farlo fruttare.
Non dobbiamo permettere che chi non si impegna ci scoraggi o ci critichi mentre lavoriamo.
In questo, voglio condividere un episodio che un pastore mi raccontò e che continua a ispirarmi.
Durante una conferenza, mi parlò di un missionario che venne in Italia per portare il Vangelo e si ritrovò, assieme ad altri, a lavorare con grande sacrificio per arare il terreno e costruire una comunità di fede.
Molti lo giudicavano, dicendo che forse il suo modo di operare fosse sbagliato.
Ma il pastore mi raccontò in maniera simbolica che, mentre questi missionari aravano la terra con fatica, si voltavano e dicevano a coloro che li criticavano: “Invece di giudicare, perché non venite ad aiutarci?”
Il lavoro era duro, ma quei missionari erano convinti del loro impegno e, grazie a loro, sono nate le Calvary Chapel in Italia, una testimonianza di fede e perseveranza.
Questa testimonianza ci insegna che molti sono pronti a giudicare senza voler dare una mano.
È facile pensare di poter fare meglio degli altri, ma è diverso quando siamo noi a doverci mettere il cuore e l’impegno.
Anche Neemia, pur animato da una chiara chiamata da parte di Dio, dovette affrontare ostacoli e opposizioni.
Quando iniziò il suo lavoro, due personaggi, Samballat e Tobia, cercarono in ogni modo di scoraggiarlo, ridicolizzarlo e fermare la ricostruzione che Dio gli aveva affidato.
Ma Neemia, consapevole della volontà di Dio e della missione ricevuta, rispose con fermezza e determinazione, dicendo: “Il Dio del cielo ci farà prosperare; e noi, suoi servi, ci alzeremo e costruiremo”. Neemia 2:20
Proprio come nel caso di Neemia, quando ci impegniamo a trafficare i talenti e portare avanti le opere che Dio ha messo nel nostro cuore, potremmo incontrare opposizioni, critiche e tentativi di bloccarci.
Come Samballat e Tobia, alcuni cercheranno di demoralizzarci o di scoraggiarci, ma siamo chiamati a non dar peso alle loro parole, rimanendo fermi nella nostra fede e concentrati sul compito affidatoci.
Nonostante le difficoltà, possiamo trovare forza in Dio e continuare a lavorare, certi che Egli è con noi e sostiene ogni nostro sforzo fedele.
Anche quando ci sentiamo soli o attaccati, dobbiamo ricordare che Dio vede e onora ogni sacrificio fatto per il Suo Regno.
Coloro che faticano per il Regno di Dio non devono scoraggiarsi, ma continuare a trafficare i talenti che Dio ha dato loro.
Il Signore stesso nei momenti di debolezza e di scoraggiamento ci verrà in aiuto.
Se non ci stanchiamo e perseveriamo, mieteremo a suo tempo.
Dio vi benedica
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Scritto da: Abramo Spina
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