Riflessioni Bibliche

Il Disegno di Dio nelle Nostre Sofferenze: Dal Dolore alla Realizzazione del Suo Piano

today25 Ottobre 2024 35 7

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Passi di riferimento.

Quelli presero dunque questo dono, presero con sé il doppio del denaro e Beniamino, e partirono; scesero in Egitto e si presentarono davanti a Giuseppe.
Come Giuseppe vide Beniamino con loro, disse al suo maggiordomo: «Conduci questi uomini in casa, macella e prepara tutto, perché questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno». L’uomo fece come Giuseppe aveva ordinato e li condusse in casa di Giuseppe.
E quelli ebbero paura, perché venivano condotti in casa di Giuseppe, e dissero: «Siamo portati qui a motivo di quel denaro che ci fu rimesso nei sacchi la prima volta; egli vuole darci addosso, piombare su di noi e prenderci come schiavi con i nostri asini».
Avvicinatisi al maggiordomo di Giuseppe, gli parlarono sulla porta della casa e dissero: «Scusa, signor mio!
Noi scendemmo già una prima volta a comprare dei viveri, e avvenne che, quando fummo giunti al luogo dove pernottammo, aprimmo i sacchi, ed ecco, il denaro di ciascuno di noi era alla bocca del suo sacco: il nostro denaro del peso esatto; e l’abbiamo riportato con noi. Ma abbiamo portato con noi altro denaro per comprare dei viveri.
Non sappiamo chi abbia messo il nostro denaro nei nostri sacchi».
Egli disse: «Datevi pace, non temete; il vostro Dio e il Dio di vostro padre ha messo un tesoro nei vostri sacchi. Io ho avuto il vostro denaro».
E, fatto uscire Simeone, lo condusse da loro.
Quell’uomo li fece entrare in casa di Giuseppe, diede loro dell’acqua ed essi si lavarono i piedi; ed egli diede del foraggio ai loro asini.
Poi essi prepararono il dono, aspettando che Giuseppe venisse a mezzogiorno; perché avevano sentito che sarebbero rimasti lì a mangiare.
Quando Giuseppe venne a casa, quelli gli porsero il dono che avevano portato con sé nella casa, e s’inchinarono fino a terra davanti a lui.
Egli domandò loro come stavano e disse: «Vostro padre, il vecchio di cui mi parlaste, sta bene?
Vive ancora?» Quelli risposero: «Nostro padre tuo servo sta bene, vive ancora». Poi s’inchinarono e gli fecero riverenza.
Giuseppe alzò gli occhi, vide Beniamino suo fratello, figlio di sua madre, e disse: «È questo il vostro fratello più giovane di cui mi avete parlato?»
Poi disse a lui: «Dio ti sia propizio, figlio mio!»
E Giuseppe s’affrettò a uscire, perché si era commosso nell’intimo per suo fratello; cercava un luogo dove piangere.
Entrò nella sua camera e pianse. Poi si lavò la faccia e uscì, si fece forza e disse: «Portate il pranzo».
Fu dunque portato il cibo per lui a parte, per loro a parte e per gli Egiziani che mangiavano con loro a parte; perché gli Egiziani non possono mangiare con gli Ebrei; per gli Egiziani è cosa abominevole. Ma essi sedevano di fronte a lui, dal primogenito, secondo il suo diritto di primogenitura, fino al più giovane secondo la sua età; e si guardavano l’un l’altro stupiti. Giuseppe fece loro portare delle vivande che aveva davanti a sé; ma la porzione di Beniamino era cinque volte maggiore di quella d’ogni altro di loro.
Bevvero e stettero allegri con lui.
Genesi 43:15-34

Giuseppe diede quest’ordine al suo maggiordomo: «Riempi i sacchi di questi uomini di tanti viveri quanti ne possono portare e metti il denaro di ciascuno di loro alla bocca del suo sacco. Metti la mia coppa, la coppa d’argento, alla bocca del sacco del più giovane, assieme al denaro del suo grano».
Ed egli fece come Giuseppe aveva detto. La mattina, appena fu giorno, quegli uomini furono fatti partire con i loro asini.
Quando furono usciti dalla città e non erano ancora lontani, Giuseppe disse al suo maggiordomo: «Parti, vai dietro a quegli uomini, e quando li avrai raggiunti dirai loro: “Perché avete reso male per bene? Non è quella la coppa dalla quale il mio signore beve e di cui si serve per trarre presagi?
Avete fatto male a fare questo!”». Egli li raggiunse e disse loro quelle parole. Essi gli risposero: «Perché il mio signore ci rivolge parole come queste?
Dio preservi i tuoi servi dal fare una cosa simile.
Ecco, noi ti abbiamo riportato dal paese di Canaan il denaro che avevamo trovato alla bocca dei nostri sacchi; come dunque avremmo rubato dell’argento o dell’oro dalla casa del tuo signore?
Quello dei tuoi servi presso il quale si troverà la coppa sia messo a morte e noi pure saremo schiavi del tuo signore!»
Ed egli disse: «Ebbene, sia fatto come dite: colui presso il quale essa sarà trovata sarà mio schiavo, e voi sarete innocenti».
In tutta fretta, ognuno di loro scaricò a terra il proprio sacco e ciascuno aprì il suo.
Il maggiordomo li frugò, cominciando da quello del maggiore per finire con quello del più giovane; la coppa fu trovata nel sacco di Beniamino.
Allora quelli si stracciarono le vesti, ognuno ricaricò il suo asino e tornarono alla città. Giuda e i suoi fratelli arrivarono alla casa di Giuseppe, il quale era ancora lì; si gettarono con la faccia a terra davanti a lui. Giuseppe disse loro: «Che azione è questa che avete fatto?
Non lo sapete che un uomo come me ha il potere di indovinare?»
Giuda rispose: «Che diremo al mio signore?
Quali parole useremo?
O come ci giustificheremo?
Dio ha trovato l’iniquità dei tuoi servi. Ecco, siamo schiavi del mio signore: tanto noi, quanto colui in mano del quale è stata trovata la coppa».
Ma Giuseppe disse: «Dio mi guardi dal far questo!
L’uomo nella cui mano è stata trovata la coppa, lui sarà mio schiavo; quanto a voi, tornate in pace da vostro padre».
Allora Giuda si avvicinò a Giuseppe e disse: «Mio signore, permetti al tuo servo di fare udire una parola al mio signore.
La tua ira non si accenda contro il tuo servo, poiché tu sei come il faraone.
Il mio signore interrogò i suoi servi, dicendo: “Avete un padre o un fratello?”
Noi rispondemmo al mio signore: “Abbiamo un padre che è vecchio, con un giovane figlio, natogli nella vecchiaia; il fratello di questi è morto, è rimasto lui soltanto dei figli di sua madre, e suo padre lo ama”. Allora tu dicesti ai tuoi servi: “Fatelo scendere da me perché io lo veda con i miei occhi”. Noi dicemmo al mio signore: “Il ragazzo non può lasciare suo padre perché, se lo lasciasse, suo padre morirebbe”.
Tu dicesti ai tuoi servi: “Se il vostro fratello più giovane non scende con voi, voi non vedrete più la mia faccia”.
Come fummo risaliti da mio padre, tuo servo, gli riferimmo le parole del mio signore.
Poi nostro padre disse: “Tornate a comprare un po’ di viveri”. E noi rispondemmo: “Non possiamo scendere laggiù; se il nostro fratello più giovane verrà con noi, scenderemo; perché non possiamo vedere la faccia di quell’uomo, se il nostro fratello più giovane non è con noi”.
Mio padre, tuo servo, ci rispose: “Voi sapete che mia moglie mi partorì due figli; uno di questi partì da me, e io dissi: ‘Certamente egli è stato sbranato’; e non l’ho più visto da allora. Se mi togliete anche questo, se gli capita qualche disgrazia, voi farete scendere con tristezza i miei capelli bianchi nel soggiorno dei morti”.
Or dunque, quando giungerò da mio padre, tuo servo, se il ragazzo, alla vita del quale la sua è legata, non è con noi, avverrà che, come avrà visto che il ragazzo non c’è, egli morirà e i tuoi servi avranno fatto scendere con tristezza i capelli bianchi del tuo servo, nostro padre, nel soggiorno dei morti.
Siccome il tuo servo si è reso garante del ragazzo presso mio padre e gli ha detto: “Se non te lo riconduco, sarò per sempre colpevole verso mio padre”, ti prego, permetti ora che il tuo servo rimanga schiavo del mio signore invece del ragazzo e che il ragazzo se ne torni con i suoi fratelli.
Altrimenti, come farei a risalire da mio padre senza avere il ragazzo con me?
Ah, che io non veda il dolore che ne verrebbe a mio padre».’
Genesi 44:1-34

Allora Giuseppe non poté più contenersi davanti a tutto il suo seguito e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!»
Nessuno rimase con Giuseppe quando egli si fece riconoscere dai suoi fratelli. Alzò la voce piangendo; gli Egiziani lo udirono e lo udì la casa del faraone.
Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Io sono Giuseppe! Mio padre vive ancora?»
Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere, perché erano atterriti dalla sua presenza. Giuseppe disse ai suoi fratelli: «Vi prego, avvicinatevi a me!»
Quelli s’avvicinarono ed egli disse: «Io sono Giuseppe, vostro fratello, che voi vendeste perché fosse portato in Egitto.
Ma ora non vi rattristate, né vi dispiaccia di avermi venduto perché io fossi portato qui; poiché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita.
Infatti, sono due anni che la carestia è nel paese e ce ne saranno altri cinque, durante i quali non ci sarà raccolto né mietitura.
Ma Dio mi ha mandato qui prima di voi, perché sia conservato di voi un residuo sulla terra e per salvare la vita a molti scampati.
Non siete dunque voi che mi avete mandato qui, ma è Dio. Egli mi ha stabilito come padre del faraone, signore di tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d’Egitto. Affrettatevi a risalire da mio padre e ditegli: “Così dice tuo figlio Giuseppe: ‘Dio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto; scendi da me, non tardare.
Tu abiterai nel paese di Goscen e sarai vicino a me: tu e i tuoi figli, i figli dei tuoi figli, le tue greggi, i tuoi armenti e tutto quello che possiedi.
Qui io ti sostenterò (perché ci saranno ancora cinque anni di carestia), affinché tu non sia ridotto in miseria: tu, la tua famiglia e tutto quello che possiedi’”.
Ecco, voi vedete con i vostri occhi, e mio fratello Beniamino vede con i suoi occhi, che è proprio la mia bocca quella che vi parla. Raccontate dunque a mio padre tutta la mia gloria in Egitto e tutto quello che avete visto; e fate che mio padre scenda presto qua».
Poi si gettò al collo di Beniamino, suo fratello, e pianse; e Beniamino pianse sul collo di lui. Baciò pure tutti i suoi fratelli, piangendo.
Dopo questo, i suoi fratelli si misero a parlare con lui. Intanto la voce si diffuse nella casa del faraone, e si disse: «Sono arrivati i fratelli di Giuseppe».
Questo piacque al faraone e ai suoi servitori.
Il faraone disse a Giuseppe: «Di’ ai tuoi fratelli: “Fate questo: caricate le vostre bestie e andate, tornate al paese di Canaan; prendete vostro padre, le vostre famiglie e venite da me; io vi darò il meglio del paese d’Egitto e voi mangerete il grasso della terra”.
Tu hai l’ordine di dire loro: “Fate questo: prendete nel paese d’Egitto dei carri per i vostri bambini e per le vostre mogli; conducete vostro padre e venite.
E non vi rincresca di lasciare la vostra roba, perché il meglio di tutto il paese d’Egitto sarà vostro”».
I figli d’Israele fecero così e Giuseppe diede loro dei carri, secondo l’ordine del faraone, e diede loro delle provviste per il viaggio.
Diede un abito di ricambio per ciascuno, ma a Beniamino diede trecento sicli d’argento e cinque mute di vestiti; a suo padre mandò questo: dieci asini carichi delle migliori cose d’Egitto, dieci asine cariche di grano, di pane e di viveri per suo padre durante il viaggio.
Così congedò i suoi fratelli e questi partirono; ed egli disse loro: «Non ci siano, durante il viaggio, delle liti tra di voi».
Essi risalirono dall’Egitto e giunsero nel paese di Canaan, da Giacobbe loro padre.
Gli riferirono ogni cosa, dicendo: «Giuseppe vive ancora ed è governatore di tutto il paese d’Egitto».
Ma il suo cuore rimase freddo, perché egli non credeva loro.
Essi gli ripeterono tutte le parole che Giuseppe aveva dette loro.
Quando egli vide i carri che Giuseppe aveva mandato per trasportarlo, lo spirito di Giacobbe loro padre si ravvivò.
E Israele disse: «Basta, mio figlio Giuseppe vive ancora; io andrò e lo vedrò prima di morire».
Genesi 45:1-28

 

 

Riflessione del giorno.

Giuseppe Perdona i suoi Fratelli

Giuseppe, tradito e venduto come schiavo dai suoi stessi fratelli, ci offre una delle più straordinarie lezioni di perdono.
Anche se ha sofferto terribilmente a causa del loro tradimento, egli mostra una capacità straordinaria di perdonare e riconciliarsi con loro.
Per quanto possa essere difficile, il perdono è essenziale per la guarigione e la restaurazione delle relazioni.

Fermiamoci un attimo per riflettere su un punto molto importante.
Anche se Giuseppe aveva vissuto una situazione dolorosa, con il senno di poi è riuscito a vedere la mano di Dio in tutto quello che gli era accaduto.
Infatti, più e più volte, Giuseppe dice ai suoi fratelli: “Non siete stati voi, ma Dio ha permesso tutto per fare ciò che era necessario quando sopravvenne la carestia”. Giuseppe riconosce che, anche attraverso le sue sofferenze, Dio aveva un piano più grande.

I fratelli di Giuseppe, però, portavano un grande senso di colpa.
Lo vediamo in diverse occasioni, dove iniziano ad accusarsi tra loro, anche se non sapevano che Giuseppe capisse ciò che stavano dicendo.
Giuseppe, dal canto suo, li mette alla prova.
Quando nasconde la coppa nel sacco di Beniamino, lo fa per vedere se i suoi fratelli sono veramente cambiati, se il loro cuore è stato trasformato.
Giuseppe forse, voleva sapere se avrebbero trattato Beniamino nello stesso modo in cui avevano trattato lui: con disprezzo e indifferenza, pronti a lavarsene le mani per il proprio tornaconto.

Giuseppe orchestrò una serie di eventi per mettere alla prova i suoi fratelli.
Durante il banchetto, ad esempio, diede a Beniamino una porzione maggiore rispetto agli altri, per vedere forse come avrebbero reagito.
Ma l’evento chiave è la coppa nascosta nel sacco di Beniamino: questo era un test sicuramente.
Giuseppe voleva vedere se i suoi fratelli avrebbero sacrificato Beniamino come avevano fatto con lui, o se finalmente si sarebbero pentiti e avrebbero agito in modo diverso.
E la loro reazione dimostrò che erano cambiati.
Giuda, infatti, si offrì come garante per Beniamino, dicendo a Giuseppe che si sarebbe sacrificato al suo posto per non far soffrire ancora il loro padre Giacobbe.
Questo è il momento in cui la confessione scoppia: Giuda parla del dolore di Giacobbe e del suo ruolo come garante per il fratello minore.

Giuda è qui una figura simbolica di Cristo. Così come Giuda si fece garante per Beniamino, sebbene non avesse colpa, allo stesso modo Cristo si è fatto garante per noi.
È un’immagine profetica di ciò che Gesù Cristo, discendente dalla tribù di Giuda, avrebbe fatto per l’umanità, intercedendo per noi, pur non avendo colpa.

Giuseppe, poi, è anche lui una figura di Cristo.
Il Signore Gesù Cristo è stato tradito dai suoi connazionali, non riconosciuto come fratello e ucciso ma,come è scritto in Zaccaria 12:10:
«Spanderò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo Spirito di grazia e di supplicazione; essi guarderanno a me, a colui che essi hanno trafitto , e ne faranno cordoglio come si fa cordoglio per un figlio unico, e lo piangeranno amaramente come si piange amaramente un primogenito.

Quindi Giuseppe si rivela nella sua vera identità.
I suoi fratelli lo riconoscono e lui dice loro qualcosa di molto profondo: “Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio lo ha convertito in bene per conservare in vita un popolo numeroso”. Genesi 50:20

Spesso non comprendiamo le difficoltà che incontriamo lungo il cammino.
Ma come dice la Scrittura in Romani 8:28: “Tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio”.
Anche nelle avversità, Dio è all’opera per il nostro bene.
Anche se non vediamo subito la fine del piano di Dio, dobbiamo avere fede che Lui sta preparando ogni cosa per la nostra salvezza.

Il Perdono e la Riconciliazione

Il perdono e la riconciliazione sono fondamentali nella nostra vita.
Il Signore ci chiama sempre a cercare la riconciliazione, se possibile.
Non abbiamo via di scampo: se sappiamo di aver offeso un fratello o se sappiamo che un fratello ha qualcosa contro di noi, abbiamo il dovere di riconciliarci con lui.
Come dice Gesù: “Prima di presentare la tua offerta all’altare, va e riconciliati con tuo fratello”. Matteo 5:24

La radice di amarezza è qualcosa di pericoloso, perché ci blocca spiritualmente e ci impedisce di avere un rapporto sincero con Dio e con gli altri.
Paolo ci avverte chiaramente: “Non permettete che nessuna radice di amarezza cresca tra voi”. Ebrei 12:15

Quando i fratelli di Giuseppe si accusano tra di loro, vediamo il peso del loro senso di colpa.
E Giuseppe, sopraffatto dall’emozione, piange in più occasioni.
Il perdono di Giuseppe non era solo per loro, ma anche per lui stesso.
Solo così poteva trovare la pace e guarire dalle ferite del passato.
Ed è lo stesso per noi: il perdono è essenziale per guarire e vivere una vita piena.

Lo Spirito Santo e il Perdono

Nel mio cammino cristiano, ho visto come lo Spirito Santo agisca nel mio cuore, spingendomi a parlare e cercare riconciliazione quando ci sono situazioni irrisolte.
È sbagliato tenere tutto dentro e ignorare l’offesa dicendo “non fa niente”, mentre in realtà continuiamo a portare quel peso nel cuore.
Il risentimento non risolto dà spazio all’avversario.
Anche se diciamo: “Sì, lo perdono“, ma continuiamo a nutrire amarezza, non possiamo avere un rapporto sincero e fraterno con quella persona.
Dobbiamo parlare apertamente, affrontare i problemi, cercare la riconciliazione.
Questo è ciò che Dio desidera per i Suoi figli.

Il Piano di Dio nelle Prove

Giuseppe come noi sicuramente non capiva immediatamente il piano di Dio.
All’inizio, era solo un giovane nella casa di suo padre, poi è diventato uno schiavo e infine un prigioniero.
Ma alla fine, comprese che tutte le sue sofferenze avevano un fine più grande: conservare in vita un popolo numeroso e preparare la via per la salvezza della sua famiglia.

La Scrittura dice in Deuteronomio 1:33: Che andava davanti a voi nel cammino per cercarvi un luogo dove potervi accampare: di notte nel fuoco, per mostrarvi la via per la quale dovevate andare, e di giorno nella nuvola.
Anche nelle nostre vite, Dio va davanti a noi per apparecchiare un luogo, anche se in quel momento non lo vediamo.
Quando ci lamentiamo nelle nostre difficoltà, Dio è paziente con noi, ma ci invita a fidarci di Lui.
Pietro ci esorta in Prima Pietro 1:6-9:
Perciò voi esultate anche se ora, per breve tempo, è necessario che siate afflitti da svariate prove, affinché la vostra fede, che viene messa alla prova, che è ben piú preziosa dell’oro che perisce, e tuttavia è provato con il fuoco, sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesú Cristo. Benché non l’abbiate visto, voi lo amate; credendo in lui, benché ora non lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e gloriosa, ottenendo il fine della fede: la salvezza delle anime.

Anche Giovanni Battista ci ricorda che “Cristo deve crescere e noi dobbiamo diminuire” Giovanni 3:30.
Le nostre sofferenze ci portano a quella morte a noi stessi che ci permette di far crescere Cristo dentro di noi.

Paolo affronta il tema della sofferenza, della “nostra morte”  e della vita in Cristo in diversi passi, ma uno dei più importanti forse è in 2 Corinzi 4:10-12:
Portiamo sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Infatti, noi che viviamo siamo sempre esposti alla morte per amore di Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Di modo che la morte opera in noi, ma la vita in voi.

Paolo spiega che la sofferenza e la “morte” che sperimentiamo come cristiani hanno lo scopo di far vivere Cristo in noi.
La sofferenza non è fine a sé stessa, ma è un mezzo attraverso cui la vita e la gloria di Cristo possono manifestarsi.
È come una “morte” del nostro ego, del nostro io, per lasciare spazio alla vita di Cristo che si realizza in noi.
Questo concetto è correlato anche al tema del “morire a sé stessi” che Paolo tratta in Galati 2:20:
Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me; e la vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio, il quale mi ha amato e ha dato sé stesso per me.

La morte alle nostre vecchie abitudini e peccati è ciò che permette a Cristo di prendere il controllo e di vivere in noi in pienezza.

Quindi, collegando questo alla storia di Giuseppe, possiamo vedere come le sofferenze che Giuseppe ha vissuto simboleggiano quel processo di morte e rinascita:
attraverso le prove e le tribolazioni, egli ha maturato una profonda comprensione del piano di Dio, che alla fine ha portato vita e salvezza per molti.
Anche noi, come Giuseppe, siamo chiamati a morire ai nostri desideri e alle nostre ambizioni personali per lasciare che Cristo viva in noi e ci guidi verso il bene ultimo, anche quando non ne vediamo subito i frutti.

Alla fine, Giuseppe riuscì a vedere la fine delle sue sofferenze, e poté guardare indietro e dire: “Dio ha preparato tutto per il mio bene”.
E così sarà anche per noi, se scegliamo di fidarci di Dio nelle nostre prove.

Concludo qui, ma vi lascio con un invito: riflettiamo su come il perdono e la riconciliazione siano il cuore della nostra fede.
Ci ritroveremo lunedì per continuare queste meditazioni, vedendo come Dio opera nella vita di coloro che Lo amano.

Dio vi benedica.

Questo articolo è una creazione originale di Radio Cristiana FHL. È fondamentale sottolineare che la riproduzione o l’utilizzo del suo contenuto, in qualsiasi forma, non è consentito senza il consenso esplicito di Radio Cristiana FHL
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©Radio Cristiana FHL

Scritto da: Abramo Spina

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