Riflessioni Bibliche

Dalle Prove al Trionfo: Il Piano di Dio nella Vita di Giuseppe

today23 Ottobre 2024 59 6

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Passi di riferimento.

Dopo queste cose, il coppiere e il panettiere del re d’Egitto offesero il loro signore, il re d’Egitto.
Il faraone s’indignò contro i suoi due ufficiali, contro il capo dei coppieri e il capo dei panettieri; e li fece mettere in carcere nella casa del capo delle guardie, nella stessa prigione dove Giuseppe stava rinchiuso.
Il capitano delle guardie li affidò alla sorveglianza di Giuseppe, il quale li serviva.
Essi rimasero in prigione per un certo tempo.
In una medesima notte, il coppiere e il panettiere del re d’Egitto, che erano rinchiusi nella prigione, ebbero tutti e due un sogno, un sogno per uno, e ciascun sogno aveva il suo significato particolare.
Giuseppe, venuto la mattina da loro, li guardò e li vide tutti turbati.
Interrogò allora gli ufficiali del faraone che erano con lui in prigione nella casa del suo padrone, e disse: «Perché oggi avete il viso così triste?»
Quelli gli risposero: «Abbiamo fatto un sogno e non c’è nessuno che ce lo interpreti».
Giuseppe disse loro: «Le interpretazioni non appartengono a Dio? Raccontatemi i sogni, vi prego».
Allora il capo dei coppieri raccontò il suo sogno a Giuseppe e gli disse: «Nel mio sogno mi stava davanti una vite; in quella vite c’erano tre tralci; mi pareva che essa germogliasse, poi fiorisse, e desse infine dei grappoli d’uva matura.
Io avevo in mano la coppa del faraone; presi l’uva, la spremetti nella coppa del faraone e diedi la coppa in mano al faraone».
Giuseppe gli disse: «Questa è l’interpretazione del sogno: i tre tralci sono tre giorni; fra tre giorni il faraone ti farà rialzare il capo, ti ristabilirà nel tuo incarico e tu darai in mano al faraone la sua coppa, come facevi prima, quando eri suo coppiere.
Ma ricòrdati di me, quando sarai felice, e sii buono verso di me, ti prego; parla di me al faraone e fammi uscire da questa casa, perché io fui portato via di nascosto dal paese degli Ebrei e anche qui non ho fatto nulla per essere messo in questo sotterraneo».
Il capo dei panettieri, vedendo che l’interpretazione era favorevole, disse a Giuseppe: «Anch’io! Nel mio sogno avevo tre canestri di pane bianco sul capo; nel canestro più alto c’era per il faraone ogni sorta di vivande cotte al forno; e gli uccelli le mangiavano dentro al canestro sul mio capo».
Giuseppe rispose e disse: «Questa è l’interpretazione del sogno: i tre canestri sono tre giorni.
Ancora tre giorni e il faraone alzerà la tua testa, ti farà impiccare a un albero e gli uccelli mangeranno la tua carne addosso a te».
Il terzo giorno, che era il compleanno del faraone, egli fece un banchetto per tutti i suoi servitori e alzò la testa al capo dei coppieri e la testa al capo dei panettieri in mezzo ai suoi servitori: ristabilì il capo dei coppieri nel suo ufficio di coppiere, perché mettesse la coppa in mano al faraone, ma fece impiccare il capo dei panettieri, secondo l’interpretazione che Giuseppe aveva loro data.
Il gran coppiere però non si ricordò di Giuseppe e lo dimenticò.
Genesi 40:1-23

Alla fine di due anni interi, il faraone fece un sogno.
Egli stava presso il Fiume; e dal Fiume ecco salire sette vacche, di bell’aspetto e grasse, che si misero a pascolare nella giuncaia.
Dopo quelle, ecco salire dal Fiume altre sette vacche di brutto aspetto e scarne, che si fermarono accanto alle prime, sulla riva del Fiume.
Le vacche di brutto aspetto e scarne divorarono le sette vacche di bell’aspetto e grasse.
E il faraone si svegliò. Poi si riaddormentò e sognò di nuovo: ecco sette spighe, grosse e belle, venir su da un unico stelo.
Poi, ecco germogliare sette spighe sottili e arse dal vento orientale che germogliavano dopo quelle altre.
Le spighe sottili inghiottirono le sette spighe grosse e piene.
E il faraone si svegliò: era un sogno.
La mattina lo spirito del faraone fu turbato; egli mandò a chiamare tutti i maghi e tutti i savi d’Egitto e raccontò loro i suoi sogni, ma non ci fu nessuno che li potesse interpretare al faraone.
Allora il capo dei coppieri parlò al faraone, dicendo: «Ricordo oggi le mie colpe.
Il faraone si era sdegnato contro i suoi servitori e mi aveva fatto mettere in prigione, nella casa del capo delle guardie, me e il capo dei panettieri.
L’uno e l’altro facemmo un sogno nella stessa notte; facemmo ciascuno un sogno con un significato particolare.
Lì con noi c’era un giovane Ebreo, servo del capo delle guardie; a lui raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò, dando a ciascuno l’interpretazione del suo sogno.
E le cose avvennero secondo l’interpretazione che egli ci aveva data: il faraone ristabilì me nel mio incarico e l’altro lo fece impiccare».
Allora il faraone mandò a chiamare Giuseppe.
Lo fecero subito uscire dalla prigione sotterranea.
Egli si rase, si cambiò il vestito e andò dal faraone.
Il faraone disse a Giuseppe: «Ho fatto un sogno e non c’è chi lo possa interpretare.
Ho udito dire di te che, quando ti raccontano un sogno, tu lo puoi interpretare».
Giuseppe rispose al faraone dicendo: «Non sono io, ma sarà Dio che darà al faraone una risposta favorevole».
Allora il faraone disse a Giuseppe: «Nel mio sogno io stavo sulla riva del Fiume; quand’ecco salire dal Fiume sette vacche grasse e di bell’aspetto e che si misero a pascolare nella giuncaia. Dopo quelle, ecco salire altre sette vacche, magre, di bruttissimo aspetto e scarne: tali che non ne vidi mai di così brutte in tutto il paese d’Egitto.
Le vacche magre e brutte divorarono le prime sette vacche grasse; e queste entrarono loro in corpo e non si riconobbe che vi erano entrate; erano di brutto aspetto come prima. E mi svegliai. Poi vidi ancora nel mio sogno sette spighe venire su da un unico stelo, piene e belle; ed ecco germogliare altre sette spighe, vuote, sottili e arse dal vento orientale, dopo quelle altre. Le spighe sottili inghiottirono le sette spighe belle. Io ho raccontato questo ai maghi, ma non c’è stato nessuno che abbia saputo spiegarmelo».
Allora Giuseppe disse al faraone: «Ciò che il faraone ha sognato è una stessa cosa.
Dio ha indicato al faraone quello che sta per fare.
Le sette vacche belle sono sette anni e le sette spighe belle sono sette anni; è uno stesso sogno.
Le sette vacche magre e brutte che salivano dopo quelle altre sono sette anni, come pure le sette spighe vuote e arse dal vento orientale saranno sette anni di carestia.
Questo è quello che ho detto al faraone: Dio ha mostrato al faraone quello che sta per fare.
Ecco, stanno per venire sette anni di grande abbondanza in tutto il paese d’Egitto.
Dopo verranno sette anni di carestia; tutta quell’abbondanza sarà dimenticata nel paese d’Egitto e la carestia consumerà il paese.
Uno non conoscerà più di quell’abbondanza nel paese, a causa della carestia che seguirà, perché questa sarà molto dura.
Il fatto che il sogno si sia ripetuto due volte al faraone vuol dire che la cosa è decretata da Dio e che Dio la eseguirà presto.
Or dunque il faraone si provveda di un uomo intelligente e saggio, e lo stabilisca sul paese d’Egitto.
Il faraone faccia così: costituisca dei commissari sul paese per prelevare il quinto delle raccolte del paese d’Egitto durante i sette anni di abbondanza.
Essi raccolgano tutti i viveri di queste sette annate buone che stanno per venire e ammassino il grano a disposizione del faraone per l’approvvigionamento delle città, e lo conservino.
Questi viveri saranno una riserva per il paese, in vista dei sette anni di carestia che verranno nella terra d’Egitto; così il paese non perirà per la carestia».
La cosa piacque al faraone e a tutti i suoi servitori. Il faraone disse ai suoi servitori: «Potremmo forse trovare un uomo pari a questo, in cui sia lo Spirito di Dio?» Così il faraone disse a Giuseppe: «Poiché Dio ti ha fatto conoscere tutto questo, non c’è nessuno che sia intelligente e savio quanto te.
Tu avrai autorità su tutta la mia casa e tutto il popolo ubbidirà ai tuoi ordini; per il trono soltanto io sarò più grande di te».
Il faraone disse ancora a Giuseppe: «Vedi, io ti do potere su tutto il paese d’Egitto».
Poi il faraone si tolse l’anello dal dito e lo mise al dito di Giuseppe; lo fece vestire di abiti di lino fino e gli mise al collo una collana d’oro.
Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: «In ginocchio!» Così il faraone gli diede autorità su tutto il paese d’Egitto. Il faraone disse a Giuseppe: «Io sono il faraone! Ma senza tuo ordine, nessuno alzerà la mano o il piede in tutto il paese d’Egitto».
Il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Paneac e gli diede per moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On . Giuseppe partì per visitare il paese d’Egitto.
Giuseppe aveva trent’anni quando si presentò davanti al faraone, re d’Egitto. Giuseppe uscì dalla presenza del faraone e percorse tutto il paese d’Egitto.
Durante i sette anni di abbondanza la terra produsse a profusione.
Giuseppe raccolse tutti i viveri che furono prodotti nel paese d’Egitto in quei sette anni e li immagazzinò nelle città; immagazzinò in ogni città i viveri del territorio circostante. Così Giuseppe ammassò grano come la sabbia del mare: in così gran quantità, che si smise di contarlo, perché era incalcolabile.
Prima che venisse il primo anno della carestia, nacquero a Giuseppe due figli, che Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On, gli partorì. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse , perché disse: «Dio mi ha fatto dimenticare ogni mio affanno e tutta la casa di mio padre».
Il secondo lo chiamò Efraim , perché, disse: «Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione». I sette anni di abbondanza che c’erano stati nel paese d’Egitto finirono e cominciarono a venire i sette anni di carestia, come Giuseppe aveva detto.
Ci fu carestia in tutti i paesi, ma in tutto il paese d’Egitto c’era del pane.
Poi la carestia si estese a tutto il paese d’Egitto e il popolo gridò al faraone per avere del pane.
Il faraone disse a tutti gli Egiziani: «Andate da Giuseppe e fate quello che vi dirà».
La carestia era su tutta la superficie del paese e Giuseppe aprì tutti i depositi e vendette grano agli Egiziani.
La carestia s’aggravò nel paese d’Egitto. Da tutti i paesi venivano in Egitto, da Giuseppe, per comprare grano, perché la carestia era grave su tutta la terra.’
Genesi 41:1-57

Riflessione del giorno.

Le promesse di Dio e le afflizioni di Giuseppe

Giuseppe era un uomo che faceva tutto bene per onorare Dio, eppure, nonostante la sua fedeltà, si trovava sempre più in basso, passando da una tribolazione all’altra.
Come sapete, aveva ricevuto sogni che preannunciavano la sua grandezza, come quello dei covoni che si inchinavano al suo, o delle stelle che si inchinavano davanti a lui.
Ora, fermatevi un momento e pensate: quale poteva essere lo stato d’animo di Giuseppe?
La Bibbia non ce lo dice in modo esplicito, ma possiamo immaginare che fosse pieno di domande e di perplessità, proprio come accade a noi quando Dio ci promette cose grandi, ma la realtà che viviamo sembra andare nella direzione opposta.

Io stesso, e forse anche voi, a volte ci chiediamo: “Perché, Signore?
Se mi hai promesso benedizioni e vittorie, perché mi ritrovo in queste tribolazioni che sembrano senza via d’uscita?”
Giuseppe era benedetto da Dio, ma oggi alcuni potrebbero dire: “Se davvero fosse benedetto, come mai era in prigione?”
Questo ci fa riflettere su come, anche noi, possiamo essere tentati di giudicare quando vediamo qualcuno in difficoltà, pensando che forse abbia fatto qualcosa di sbagliato.
Ricordate gli amici di giobbe?
Ma non sempre è così, niente di più sbagliato.

Il servizio di Giuseppe anche nella sofferenza

Giuseppe, nonostante le sue afflizioni, continuava a servire.
Quando si trovava in prigione, non si lasciò andare al lamento.
Vediamo un esempio di questo quando si accorse che il coppiere e il panettiere del faraone erano tristi.
Nonostante fosse lui stesso in una condizione difficile, non si chiuse nel suo dolore, ma chiese loro perché fossero così turbati.
A quel punto, loro gli raccontarono i sogni che avevano fatto.
Giuseppe interpretò i sogni, dicendo al coppiere che sarebbe stato reintegrato nel suo ruolo, mentre al panettiere che sarebbe stato condannato a morte.

Ma soffermiamoci su un dettaglio: Giuseppe chiese al coppiere, quando sarebbe stato ristabilito nel suo incarico, di ricordarsi di lui e di menzionarlo al faraone per farlo uscire dal carcere. Tuttavia, il coppiere si dimenticò di Giuseppe.
Era stato dimenticato da colui che aveva consolato e aiutato in un momento di sconforto.
E non solo: era stato dimenticato anche da Potifar, che lo aveva fatto imprigionare ingiustamente, pur sapendo che Giuseppe era un uomo benedetto.
Era stato dimenticato anche dai suoi fratelli, che lo avevano venduto come schiavo.

Il tempo di Dio: Giuseppe non fu dimenticato da Dio

Giuseppe trascorse altri due anni in prigione, ma Dio non si era dimenticato di lui.
Sebbene gli uomini lo avessero dimenticato, Dio lo stava preparando per qualcosa di più grande.
E così, un giorno, il faraone fece due sogni che nessuno riusciva a interpretare.
Fu allora che il coppiere si ricordò di Giuseppe e lo menzionò al faraone.
In un istante, Giuseppe fu chiamato dalla prigione alla presenza del faraone.

Quando il faraone chiese a Giuseppe di interpretare i suoi sogni, Giuseppe, con grande umiltà, disse: “Non sono io, ma sarà Dio che darà al faraone una risposta favorevole.
Questo ci insegna un’importante lezione: Giuseppe onorava sempre Dio e riconosceva che ogni dono e ogni capacità venivano da Lui.
Non si prese il merito per l’interpretazione dei sogni, ma innalzò Dio davanti al faraone.

L’intelligenza e la saggezza di Giuseppe riconosciute dal faraone

Giuseppe spiegò che i sogni del faraone indicavano sette anni di abbondanza seguiti da sette anni di carestia.
Dopo aver interpretato i sogni, Giuseppe consigliò al faraone di preparare il paese per la carestia, accumulando grano durante gli anni di abbondanza.
Il faraone, impressionato dalla sua saggezza, replicò: “Potremmo forse trovare un uomo pari a questo, in cui sia lo Spirito di Dio?
Questo è un altro punto importante: il mondo riconosce quando qualcuno ha qualcosa di speciale, e questo accade quando lo Spirito di Dio è in noi.
La saggezza e l’intelligenza di Giuseppe non erano sue, ma venivano da Dio, e il faraone lo riconobbe.

Dalla prigione al secondo del regno

Dio portò Giuseppe dalla prigione alla posizione di secondo nel regno d’Egitto.
Il faraone gli diede potere su tutto il paese, lo vestì di abiti di lino fine e gli mise al dito il suo anello, un segno di grande autorità.
Non solo, gli diede in moglie Asenat, la figlia del sacerdote Potifera.
Giuseppe ebbe due figli, Manasse e Efraim, e i nomi di questi figli riflettono la sua storia: Manasse significa “Dio mi ha fatto dimenticare ogni mio affanno“, ed Efraim significa “Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione“.

Il piano di Dio si realizza nel tempo giusto

Sono passati tredici anni da quando Giuseppe fu venduto dai suoi fratelli a quando comparve davanti al faraone.
Durante questo tempo, Giuseppe passò attraverso prove incredibili: fu venduto come schiavo, imprigionato ingiustamente e dimenticato da chi aveva aiutato.
Eppure, alla fine, Dio realizzò ciò che aveva promesso.
Spesso, anche noi ci troviamo in situazioni che sembrano totalmente opposte a ciò che Dio ci ha promesso, e ci sentiamo perplessi e scoraggiati.
Ma Dio è con noi nelle nostre sofferenze, anche quando non lo comprendiamo.

Noi, in genere, non vediamo la fine fin dal principio, ma Dio sì.
Potremmo sentirci frustrati, proprio come è successo a me in passato, quando non riuscivo a capire il piano di Dio nelle mie prove.
Ma diverse volte ho visto come Dio ha trasformato le prove in trionfi.
Guardando indietro, ho compreso che tutto quel dolore era necessario per arrivare dove Dio mi voleva.

Alla fine di questi tredici anni di sofferenza e di prove, possiamo vedere chiaramente come Dio stava preparando Giuseppe non solo per essere un leader, ma per governare una delle più grandi potenze e civiltà del mondo dell’epoca: l’Egitto.
Questo lungo periodo non fu un caso né una semplice successione di sfortunate coincidenze, ma faceva parte del piano del Signore per formare Giuseppe, affinarne il carattere e prepararlo per la sua missione più grande: preservare non solo gli egiziani dalla carestia, ma anche la sua famiglia, il popolo di Dio.

La fedeltà di Dio nelle nostre vite

Pensate a Giuseppe: se non fosse stato venduto come schiavo, non sarebbe mai andato in Egitto. Se non fosse stato schiavo, non sarebbe mai finito in prigione. Se non fosse stato in prigione, non avrebbe mai incontrato il coppiere, e non sarebbe mai stato presentato al faraone.
In tutte queste circostanze, c’era un piano del Signore per trasformare in trionfo l’opera del maligno.

Confidiamo nella fedeltà di Dio. Anche quando tutto sembra andare contro di noi, Dio è fedele e il Suo piano si realizzerà.
Il nostro compito è quello di rimanere fedeli, anche nelle difficoltà, sapendo che Dio trasformerà le nostre sofferenze in vittoria.

Dio vi benedica.

Questo articolo è una creazione originale di Radio Cristiana FHL. È fondamentale sottolineare che la riproduzione o l’utilizzo del suo contenuto, in qualsiasi forma, non è consentito senza il consenso esplicito di Radio Cristiana FHL
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©Radio Cristiana FHL

Scritto da: Abramo Spina

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