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today13 Novembre 2024 29 1 5
Un uomo della casa di Levi andò e prese in moglie una figlia di Levi.
Questa donna concepì, partorì un figlio e, vedendo quanto era bello, lo tenne nascosto tre mesi.
Quando non poté più tenerlo nascosto, prese un canestro fatto di giunchi, lo spalmò di bitume e di pece, vi pose dentro il bambino, e lo mise nel canneto sulla riva del Fiume.
La sorella del bambino se ne stava a una certa distanza, per vedere quello che gli sarebbe successo. La figlia del faraone scese al Fiume per fare il bagno, e le sue ancelle passeggiavano lungo la riva del Fiume.
Vide il canestro nel canneto e mandò la sua cameriera a prenderlo. Lo aprì e vide il bambino: ed ecco, il piccino piangeva; ne ebbe compassione e disse: «Questo è uno dei figli degli Ebrei».
Allora la sorella del bambino disse alla figlia del faraone: «Devo andare a chiamarti una balia tra le donne ebree che allatti questo bambino?» La figlia del faraone le rispose: «Va’».
E la fanciulla andò a chiamare la madre del bambino.
La figlia del faraone le disse: «Porta con te questo bambino, allattalo e io ti darò un salario».
Quella donna prese il bambino e lo allattò. Quando il bambino fu cresciuto, lo portò dalla figlia del faraone; egli fu per lei come un figlio ed ella lo chiamò Mosè ; «perché», disse, «io l’ho tirato fuori dalle acque».
In quei giorni, Mosè, già diventato adulto, andò a trovare i suoi fratelli ; notò i lavori di cui erano gravati e vide un Egiziano che percuoteva uno degli Ebrei suoi fratelli. Egli volse lo sguardo di qua e di là e, visto che non c’era nessuno, uccise l’Egiziano e lo nascose nella sabbia.
Il giorno seguente uscì, vide due Ebrei che litigavano e disse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo compagno?»
Quello rispose: «Chi ti ha costituito principe e giudice sopra di noi?
Vuoi forse uccidermi come uccidesti l’Egiziano?»
Allora Mosè ebbe paura e disse: «Certo la cosa è nota».
Quando il faraone udì il fatto, cercò di uccidere Mosè, ma Mosè fuggì dalla presenza del faraone, e si fermò nel paese di Madian e si mise seduto presso un pozzo. Il sacerdote di Madian aveva sette figlie.
Esse andarono al pozzo ad attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e abbeverare il gregge di loro padre. Ma sopraggiunsero i pastori e le scacciarono. Allora Mosè si alzò, prese la loro difesa e abbeverò il loro gregge.
Quando esse giunsero da Reuel, loro padre, questi disse: «Come mai siete tornate così presto oggi?» Esse risposero: «Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori, per di più ci ha attinto l’acqua e ha abbeverato il gregge».
Egli disse alle figlie: «Dov’è? Perché avete lasciato là quell’uomo?
Chiamatelo, ché venga a prendere del cibo». Mosè accettò di abitare da quell’uomo.
Egli diede a Mosè sua figlia Sefora. Ella partorì un figlio che Mosè chiamò Ghersom ; perché disse: «Abito in terra straniera».
Durante quel tempo, che fu lungo, il re d’Egitto morì.
I figli d’Israele gemevano a causa della schiavitù e alzavano delle grida; e le grida che la schiavitù strappava loro salirono a Dio.
Dio udì i loro gemiti. Dio si ricordò del suo patto con Abraamo, con Isacco e con Giacobbe.
Dio vide i figli d’Israele e ne ebbe compassione.
Esodo 2:1-25
Dopo il decreto del faraone di uccidere i primogeniti di Israele, vediamo come Dio risponde facendo nascere Mosè, in un tempo segnato dall’oppressione. È un momento difficile per il popolo di Dio, che grida a Lui per la liberazione, e Dio comincia a muovere i suoi piani.
Qui possiamo osservare un parallelismo con la nascita del Signore Gesù: quando è in arrivo un liberatore, l’avversario cerca di soffocare ogni possibilità di salvezza.
Come per Mosè, anche per Gesù, il nemico ha cercato di stroncare la vita già dai primi giorni, ma invano.
Ma Dio, come un architetto perfetto, dirige eventi e circostanze, e nel mezzo delle prove più dure dimostra la sua mano potente.
Così, Mosè nasce in un momento di grande sofferenza, e viene tenuto nascosto tre mesi, fino a quando la madre non può più celarlo.
Ella decide di affidarlo al Signore, ponendolo in un cesto tra i giunchi sul fiume.
Immaginiamo le angosce di Israele in quei giorni, e ricordiamo che spesso, proprio quando non comprendiamo il perché degli eventi attorno a noi, Dio è al lavoro, preparandoci per grandi benedizioni.
Tutto nella vita di Mosè testimonia la mano di Dio.
Come credenti, sappiamo che non esistono coincidenze, ma vediamo l’opera della provvidenza:
Mosè viene accolto e allevato nella casa stessa di colui che voleva ucciderlo.
Cresce con i migliori insegnamenti della cultura egiziana, una cultura avanzata e sviluppata.
Tutto ciò che impara sarà poi usato da Dio, che si serve della formazione di Mosè per condurre il suo popolo e per comporre il Pentateuco.
La madre di Mosè, guidata da grande fede, affida il figlio a Dio, e Dio lo conduce fino alla figlia del faraone, che, mossa a compassione, decide di adottarlo.
Il Signore non solo protegge Mosè, ma facendoci un po sorridere direi, fa sì che la madre del bambino sia persino pagata per allattarlo e crescerlo!
Come possiamo non meravigliarci di fronte a questa cura del Signore?
Viene da sorridere, ricordando ad esempio come Sara stessa esclamò: “Dio mi ha dato di che ridere!”
Di fronte all’impossibile, Dio ci sorprende, e il nostro cuore si riempie di gratitudine.
Pensiamo anche ad Aman, che intendeva impiccare Mardocheo, ma fu invece costretto a onorarlo pubblicamente.
Il Signore capovolse il male in bene e umiliò chi voleva il male per i suoi eletti.
Come possiamo immaginare la sorpresa di Aman, e anche quella di Mardocheo, mentre indossava i vestiti del re?
Quando Mosè cresce, non dimentica le sue origini.
Sa chi è e comprende che Dio ha un piano per lui, non sappiamo se aveva avuto una rivelazione ma, vedendosi chiamato, agisce d’impulso: uccide un Egiziano per difendere un suo fratello e, il giorno seguente, cerca di ristabilire la pace tra due Israeliti in lite.
Ma scopre che il suo gesto è stato frainteso, e sicuramente fu frustrato per il rigetto dei suoi fratelli.
Le Scritture ci dicono chiaramente che Mosè pensava che i suoi fratelli avrebbero capito che Dio voleva liberare Israele per mezzo suo, ma essi non compresero. Atti 7:25.
Quanto dolore, quanta frustrazione può aver provato Mosè!
Dio lo aveva chiamato a un compito grande, ma ancora non era giunto il tempo, e non era con la sua forza che la liberazione sarebbe avvenuta.
Mosè dovrà quindi fuggire, respinto da quelli della sua stessa casa.
Anche noi possiamo trarre insegnamento da questa storia: Dio può chiamarci a un grande compito, ma la chiamata spesso richiede un lungo processo di formazione, durante il quale impariamo l’umiltà e la dipendenza da Lui, non dalle nostre forze.
Come Davide e tanti altri, Mosè si trova a fuggire e a vivere in esilio per prepararsi a servire Dio nel momento giusto.
La fuga di Mosè lo porta nel paese di Madian, dove trova riparo e si forma nella “scuola del Signore” per 40 anni.
In questo tempo, conosce sua moglie,riceve due figli e si dedica a una vita semplice e modesta, lontana dagli agi della corte egiziana, e acquisisce una conoscenza profonda della pazienza e della fedeltà.
Molti servi di Dio, prima di rispondere alla loro chiamata, passano per una fase di sofferenza e isolamento, in cui Dio forgia il loro carattere per prepararli a una missione più grande.
Le Scritture ci dicono che il faraone morì, e che il tempo trascorso fu molto lungo.
Sì, i tempi di Dio a volte ci appaiono lunghi, ma sono sempre necessari.
Il popolo d’Israele, nella sua schiavitù, gemeva e gridava a Dio, e le loro preghiere, per quanto inascoltate sembrassero, arrivavano fino al cuore del Signore.
Dio ricordò il patto con Abramo, Isacco e Giacobbe, e udì il grido del suo popolo.
Così Egli ascolta anche oggi i gemiti di chi ancora deve essere chiamato, così come quelli di chi già crede.
Non è indifferente alle nostre sofferenze, alle nostre suppliche, ai gemiti di chi cerca la Sua misericordia e la Sua consolazione.
Dio vide il dolore di Israele, ne ebbe compassione e, nel momento giusto, intervenne per liberarlo.
Confidiamo in Dio nei tempi di attesa e nelle difficoltà.
Egli ci chiama, ci forma e ci prepara, con pazienza e amore.
E possiamo essere certi che, quando arriverà il Suo tempo, Egli agirà per il nostro bene e per la Sua gloria.
Dio vi benedica.
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Scritto da: Abramo Spina
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