Riflessioni Bibliche

Quando Dio dice: “ritorna”

today8 Ottobre 2025

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or *Sarai, moglie di *Abramo, non gli aveva dato figli. Aveva una serva egiziana di nome *Agar. Sarai disse ad Abramo:
«Ecco, il Signore mi ha fatta sterile; ti prego, va’ dalla mia serva; forse avrò figli da lei».
E Abramo diede ascolto alla voce di Sarai.
Cosí, dopo dieci anni di residenza d’Abramo nel paese di *Canaan, Sarai, moglie d’Abramo, prese la sua serva Agar, l’Egiziana, e la diede per moglie ad Abramo suo marito.
Egli andò da Agar, che rimase incinta; e quando si accorse di essere incinta, guardò la sua padrona con disprezzo.
Sarai disse ad Abramo: «L’offesa fatta a me ricada su di te! Io ti ho dato la mia serva in seno e, da quando si è accorta d’essere incinta, mi guarda con disprezzo.
Il Signore sia giudice fra me e te».
Abramo rispose a Sarai: «Ecco, la tua serva è in tuo potere; falle ciò che vuoi». Sarai la trattò duramente e quella se ne fuggí da lei. L’angelo del Signore la trovò presso una sorgente d’acqua, nel deserto, presso la sorgente che è sulla via di Sur, e le disse: «Agar, serva di Sarai, da dove vieni e dove vai?» Lei rispose: «Fuggo dalla presenza di Sarai mia padrona».
L’angelo del Signore le disse: «Torna dalla tua padrona e umiliati sotto la sua mano». L’angelo del Signore soggiunse: «Io moltiplicherò grandemente la tua discendenza e non la si potrà contare, tanto sarà numerosa».
L’angelo del Signore le disse ancora: «Ecco, tu sei incinta e partorirai un figlio a cui metterai il nome di *Ismaele , perché il Signore ti ha udita nella tua afflizione; egli sarà tra gli uomini come un asino selvatico; la sua mano sarà contro tutti, e la mano di tutti contro di lui; e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli».
Allora Agar diede al Signore, che le aveva parlato, il nome di Atta-El-Roi , perché disse: «Ho io, proprio qui, veduto andarsene colui che mi ha vista?»
Perciò quel pozzo fu chiamato il pozzo di Lacai-Roi . Ecco, esso è tra Cades e Bered.
Agar partorí un figlio ad Abramo. Al figlio che Agar gli aveva partorito Abramo mise il nome d’Ismaele. Abramo aveva ottantasei anni quando Agar gli partorí Ismaele.

📖 Genesi 16:1-16


Riflessione.

Oggi riflettiamo su una storia biblica che ci parla profondamente: quella di Agar, l’egiziana, serva di Sarai, la moglie di Abramo.
La sua vicenda, narrata nel libro della Genesi, ci offre un insegnamento prezioso sull’umiltà, la fiducia in Dio e l’attesa dei Suoi tempi.
La Bibbia ci dice poco delle origini di Agar: sappiamo solo che era una serva egiziana.
Non viene specificato come o quando entrò a far parte della casa di Abramo e Sarai.
È possibile, ma non certo, che sia stata acquisita durante il soggiorno di Abramo in Egitto, quando, a causa di una carestia, scese in quella terra (Genesi 12:10-20).
In quell’occasione, il Faraone donò ad Abramo servi e beni (Genesi 12:16), e Agar potrebbe essere stata tra questi.
Tuttavia, la Scrittura non lo conferma esplicitamente, lasciando spazio a supposizioni.
Possiamo immaginare, però, il peso della sua condizione: Agar, come egiziana, era probabilmente stata strappata dalla sua terra e dalla sua cultura, vivendo come straniera in un ambiente che non le apparteneva.
I suoi sogni, le sue speranze, la sua storia personale non ci sono noti, ma possiamo intuire quanto fosse difficile essere una serva, senza voce scelta, in un contesto così lontano dal suo.
Nel tempo di Abramo e Sarai, avere servi era una pratica comune, così come lo era, per una donna sterile, ricorrere alla propria serva per avere figli tramite il marito.
Questo è ciò che fece Sarai, che, non avendo figli, chiese ad Abramo di unirsi ad Agar affinché potesse concepire un figlio per loro.
Agar rimase incinta, ma questo evento cambiò il suo atteggiamento.
La Bibbia racconta che, quando si accorse di essere incinta, “guardò con disprezzo la sua padrona” (Genesi 16:4).
Non viene detto esplicitamente che Agar fosse superba, ma il suo comportamento suggerisce un certo orgoglio o un senso di superiorità, forse perché, per la prima volta, si sentì importante, portando in grembo il figlio di Abramo.
Questo atteggiamento, per quanto umanamente comprensibile, generò tensioni con Sarai, che si lamentò con Abramo.
Lui, senza mostrare compassione per Agar, lasciò che Sarai la trattasse come desiderava.
Di conseguenza, Agar, umiliata e maltrattata, fuggì nel deserto.
Nel deserto, Agar si ritrovò sola, senza nessuno che la difendesse o la sostenesse.
Ma avvenne un incontro straordinario: l’Angelo del Signore le parlò.
La Bibbia ci ricorda che, sebbene il trono di Dio sia nei cieli, Egli “abita con gli umili e con i contriti di spirito” (Isaia 57:15).
In quel momento di vulnerabilità, Dio si rivelò ad Agar, ma non le disse ciò che forse si aspettava.
Invece di autorizzarla a proseguire nella sua fuga o di liberarla immediatamente dalla sua condizione, le diede un’istruzione sorprendente:
“Torna dalla tua padrona e sottomettiti a lei” (Genesi 16:9).
Dio le promise, però, che suo figlio, chiamato Ismaele, sarebbe diventato una grande nazione.
Agar, pur essendo un’egiziana strappata dalla sua terra e costretta a vivere come serva in un contesto estraneo, obbedì.
Questo atto di sottomissione non era un’accettazione passiva dell’ingiustizia, ma un gesto di fiducia nella volontà di Dio, che vedeva oltre le sue circostanze immediate.
Passarono gli anni.
Agar diede alla luce Ismaele, e Abramo si affezionò molto a lui.
Tuttavia, quando nacque Isacco, il figlio della promessa dato a Sara, la situazione cambiò.
Sara chiese ad Abramo di mandare via Agar e Ismaele, e Abramo, dopo aver ricevuto conferma da Dio, li cacciò con solo un otre d’acqua.
Questo gesto può sembrare duro, quasi crudele, ma fu un momento importante nella storia di Agar.
Nel deserto, quando l’acqua finì e Agar, disperata, si allontanò da Ismaele per non vederlo morire, Dio intervenne nuovamente.
Ascoltò il pianto del ragazzo e mostrò ad Agar un pozzo d’acqua, provvedendo al loro sostentamento.
Inoltre, confermò la promessa che Ismaele sarebbe diventato una grande nazione.
In quel momento, Agar trovò la libertà che forse aveva desiderato per anni.
Non fu la libertà che aveva cercato nella sua fuga, ma quella che Dio le donò secondo i Suoi tempi, accompagnata dalla Sua benedizione.
Un insegnamento per noi oggi
La storia di Agar ci parla ancora oggi, anche se il nostro contesto è molto diverso.
Non siamo servi come Agar, ma possiamo trovarci sotto autorità o in situazioni che ci opprimono:  una relazione difficile, una responsabilità che ci pesa, un lavoro  ect ect.
Come Agar, possiamo cadere nella tentazione dell’orgoglio quando riceviamo benedizioni o privilegi, come un riconoscimento al lavoro, un ruolo importante o una posizione di favore. Questo atteggiamento, però, spesso genera divisioni e incomprensioni, come accadde tra Agar e Sarai.
La Scrittura ci invita a vigilare sul nostro cuore, perché l’orgoglio può allontanarci dalle relazioni e dal piano di Dio.
Quando ci troviamo in difficoltà, la nostra prima reazione potrebbe essere quella di “fuggire”, di allontanarci da ciò che ci fa soffrire.
Ma la risposta di Dio ad Agar ci insegna che non sempre la fuga è la soluzione.
A volte, il Signore ci chiede di rimanere, di umiliarci e di aspettare i Suoi tempi, anche quando sembra difficile o ingiusto.
Questo non significa che Dio ignori i desideri del nostro cuore o il nostro dolore.
Come nel caso di Agar, Egli vede le nostre lacrime, ascolta il nostro grido e ha già preparato il “pozzo d’acqua” per sostenerci.
La vera libertà che Dio offre non è solo l’assenza di catene fisiche, ma la fiducia in un Dio che ci guida verso il Suo scopo per noi.
Per applicare questo insegnamento alla nostra vita, chiediamoci: “Qual è la volontà di Dio per me in questo momento?”
Forse ci chiama a rimanere in una situazione difficile, a lavorare con umiltà, a perdonare, o a costruire ponti invece di distruggerli.
Forse ci chiede di pazientare, anche quando vorremmo agire subito.
quando sarà il momento, Egli ci guiderà verso la libertà e la benedizione che ha preparato per noi.

Insegnamento sull’umiltà e la volontà di Dio.
Lumiltà che Dio chiese ad Agar non era un’umiliazione degradante, ma un atto di fiducia e obbedienza.
Tornare da Sarai e sottomettersi significava riconoscere che Dio aveva un piano per lei, anche in una situazione apparentemente senza speranza.
Questo atto di umiltà non era una rinuncia alla sua dignità, ma un affidarsi alla volontà di Dio, che vede oltre le circostanze immediate.
La volontà di Dio, come emerge dalla storia, può essere diversa dai nostri desideri.
Agar avrebbe potuto desiderare la libertà immediata, ma Dio le chiese di aspettare, promettendole però una benedizione futura per lei e suo figlio.
La sua obbedienza aprì la strada alla realizzazione di quella promessa.
Per noi, questo significa che l’umiltà davanti a Dio implica accettare la Sua direzione, anche quando non la comprendiamo pienamente.
La volontà di Dio non è sempre comoda o immediata, ma è perfetta.
Come Agar, dobbiamo imparare a confidare nei Suoi tempi, sapendo che Egli non ci abbandona mai.
Anche nei “deserti” della nostra vita, Dio è presente, pronto a mostrarci il “pozzo d’acqua” che ci darà vita e speranza.

Un invito alla preghiera
Come Agar, possiamo portare a Dio il nostro dolore, le nostre frustrazioni e i nostri desideri.
Preghiamo per avere la forza di essere umili, di aspettare i Suoi tempi e di vedere il “pozzo d’acqua” che ha preparato per noi.
Chiediamogli occhi aperti alla Sua guida e un cuore pronto a obbedire.
Confidiamo in Lui, perché non dimentica i Suoi figli e ha sempre un piano di benedizione per chi si affida a Lui.

Spero che questa meditazione possa portarvi edificazione e benedizione, che Dio vi benedica.


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Scritto da: Abramo Spina

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