Riflessioni Bibliche

Dal lamento alla gratitudine: imparare dal deserto con Israele

today7 Ottobre 2025

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Tutta la comunità dei figli d’Israele mormorò contro *Mosè e contro *Aaronne nel deserto. I figli d’Israele dissero loro:
«Fossimo pur morti per mano del Signore nel paese d’Egitto, quando sedevamo intorno a pentole piene di carne e mangiavamo pane a sazietà!
Voi ci avete condotti in questo deserto perché tutta questa assemblea morisse di fame!»
Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io farò piovere pane dal cielo per voi; il popolo uscirà e ne raccoglierà ogni giorno il necessario per la giornata; cosí lo metterò alla prova e vedrò se cammina o no secondo la mia legge.
📖 Esodo 16:2-4


Riflessione.

Molto spesso, nel cammino con il Signore, gli anni passano e si può dimenticare quanto sia speciale avere Dio al proprio fianco.
A volte, si dà per scontata la Sua presenza, le Sue benedizioni, tutto quello che ha fatto e continua a fare.
Eppure, proprio come il popolo d’Israele nel deserto, spesso ci si concentra su ciò che manca, su quelle benedizioni che sembrano ancora lontane, trascurando le meraviglie che Dio ha già donato.
Pensiamo a Israele: liberato dalla schiavitù in Egitto, dove aveva vissuto per oltre quattrocento anni, il popolo celebra una grande vittoria al Mar Rosso, cantando lodi a Dio.
Ma poco dopo, nel deserto, iniziano le lamentele.
In Esodo 16:2-3 leggiamo che gli Israeliti mormorano contro Mosè e Aronne, dicendo: “Fossimo morti in Egitto, quando mangiavamo pane a sazietà! Ci avete portati in questo deserto per farci morire di fame!”

Questo mostra quanto sia facile lodare Dio quando tutto va bene, ma lamentarsi appena arrivano le difficoltà.
Non bisogna fraintendere: non tutte le lamentele sono sbagliate.
Nei Salmi, ad esempio, Davide apre il suo cuore a Dio con sincerità, come in Salmo 13:2, quando grida: “Fino a quando, Signore, mi dimenticherai?”
Questo tipo di lamento è un dialogo onesto con Dio, che porta a fidarsi di Lui ancora di più.
Ma le lamentele di Israele erano diverse: nascevano da un cuore ingrato, concentrato solo su ciò che mancava.
Sembra quasi che l’uomo sia portato a lamentarsi, ma questo non dovrebbe essere il cuore di un figlio di Dio!

Ho imparato a mie spese quanto sia pericoloso lamentarsi.
Ricordo momenti in cui, lamentandomi, perdevo lucidità e non vedevo più le benedizioni che Dio mi aveva dato: un lavoro, le persone care, una situazione che Lui aveva messo nella mia vita.
Mi focalizzavo sul problema, senza rendermi conto che la mia ostinazione rischiava di farmi perdere qualcosa di prezioso.
Ho capito che, invece di lamentarmi, dovevo ringraziare Dio, anche in mezzo alle difficoltà, perché perdere le Sue benedizioni sarebbe stato un disastro.
Questo mi ha insegnato a guardare oltre e a confidare nella fedeltà di Dio.
Un esempio splendido dalla Scrittura è Anna, in 1 Samuele 1.
Anna soffriva per la sua sterilità, che all’epoca era una vergogna, e subiva le provocazioni di Peninna, la sua rivale.
Avrebbe potuto incolpare Dio o lamentarsi, ma scelse di pregare, affidandosi alla Sua misericordia con fede e umiltà.
E Dio l’ha esaudita, donandole Samuele e poi altri figli, togliendo la sua vergogna.
Anna insegna che, anche quando ci sarebbe motivo di lamentarsi, confidare nel Dio meraviglioso apre la porta alle Sue benedizioni.
Israele, invece, era in un momento di transizione: dalla schiavitù dell’Egitto alla Terra Promessa, dove scorre latte e miele.
Ma il deserto era necessario per prepararli.
Come spesso dico, il Signore, prima di donarci qualcosa, ci prepara per riceverlo e saperlo mantenere.

In Deuteronomio 8:2 leggiamo: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore, il tuo Dio, ti ha fatto percorrere nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore.”

Il deserto non è solo un luogo di prove e tentazioni, ma un tempo di crescita, dove Dio insegna a dipendere da Lui.
È come la vita cristiana: un viaggio con momenti difficili, ma anche con la provvidenza di Dio, come la manna che dava a Israele.
La Scrittura mostra il deserto anche come un rifugio, dove la Chiesa trova protezione.
Le difficoltà del deserto fanno emergere la carnalità, ma aiutano a maturare.
Gli errori di Israele, come le loro lamentele, sono scritti affinché non si ripetano.
La Scrittura è uno specchio che guida a non cadere negli stessi sbagli.
In questo cammino, lo Spirito Santo è la guida.
Come dice Romani 8:14, “tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio.”
Si pensi a Paolo: lo Spirito lo fermò dall’andare in Asia per portarlo in Macedonia (Atti 16:6-10), lo avvertì dei pericoli a Gerusalemme (Atti 20:22-23) e lo guidò a soccorrere le chiese in difficoltà (Atti 11:27-30).
Ecco, lo Spirito non solo dirige, ma corregge quando si sbaglia, come quando ci si lascia andare alle lamentele.
Come è scritto:
‘Poiché Iddio ci ha dato uno spirito non di timidità , ma di forza e d’amore e di correzione. ‘ ( II timoteo 1:7)Non si dovrebbe resistere alla Sua voce, ma accoglierla per crescere nella fede e nella gratitudine.
Il Salmista ci viene in aiuto e ci ricorda una cosa fondamentale: “Anima mia, benedici il Signore e non dimenticare nessuno dei suoi benefici” (Salmo 103:2).
La gratitudine cambia tutto!
Non si tratta di ignorare i problemi, ma di non lasciare che il diavolo annebbi la mente, facendo dimenticare ciò che Dio ha fatto: nella famiglia, nel lavoro, nella vita spirituale.
A volte, il credente sbatte i piedi perché vuole sempre di più e non è mai contento, oppure lo vuole immediatamente.
Ma il nemico vuole proprio questo: far concentrare su problemi, anche piccoli, per far perdere di vista le benedizioni che Dio ha dato.
Paolo offre un grande esempio: “Ho imparato a essere contento in ogni situazione” (Filippesi 4:11).
Egli esorta: “Rallegratevi sempre… fate conoscere le vostre richieste a Dio con ringraziamenti” (Filippesi 4:4-6) e “rendete grazie in ogni cosa” (1 Tessalonicesi 5:18).
Non sempre si riceve ciò che si chiede.
Spesso si possono chiedere a Dio cose che sembrano nella Sua volontà, ma si impara che i Suoi pensieri non sono i nostri (Isaia 55:8-9).
Lo Spirito Santo, attraverso la Parola, aiuta a capire cosa è giusto e a scacciare ogni ragionamento sbagliato.
 

Tornando al popolo d’Israele, che era in questa transizione dall’Egitto alla Terra Promessa, si vede che nel deserto emergevano i loro problemi carnali.
Le difficoltà tiravano fuori ciò che c’era nei loro cuori, e a volte non se ne rendevano nemmeno conto.
Quante volte capita a noi?
Ci sentiamo forti, spirituali, cantiamo lodi al Signore, ma quando arriva un problema, emergono le nostre debolezze.
Non è per scoraggiare, ma perché la Scrittura è uno specchio per le nostre vite.
Quando le lamentele superano i ringraziamenti, o la vita non va come vorremmo, forse a causa delle lamentele non siamo in pace con Dio.
Ma c’è una buona notizia: anche quando gli errori sembrano troppo grandi, possiamo correre a Gesù, il rifugio, per trovare perdono e un nuovo inizio.
Spesso noi, pur amando Dio, inciampiamo in sbagli gravi, verso il Signore o verso il prossimo, sentendoci lontani o indegni.
Ma la grazia di Gesù accoglie ogni cuore pentito.
Nell’Antico Testamento, Dio istituì città di rifugio per chi aveva bisogno di protezione, come chi aveva commesso un omicidio involontario.
Quelle città erano un luogo sicuro dove sfuggire alla vendetta.
Oggi, quelle città non esistono più, ma c’è un rifugio molto più grande: Gesù Cristo.
Quando ci sentiamo sopraffatti dalle nostre debolezze, dagli errori o dalle lamentele, possiamo trovare in Lui perdono e un nuovo inizio per camminare con fedeltà e integrità.
Noi possiamo fermarci un momento a riflettere su ciò che Dio ci ha già dato: la salute, la famiglia, un lavoro, la Sua presenza.
Possiamo pensare alle promesse che ha messo davanti a noi, come una meta.
È importante considerare quanto sia rischioso, con le lamentele o l’ostinazione, mettere in pericolo ciò che Dio ci ha donato, come un lavoro o una benedizione che potremmo perdere se non ne riconosciamo il valore.
Scrivere tre cose per cui siamo grati e portarle a Dio in preghiera può aprirci gli occhi alla Sua fedeltà.
Quando le lamentele sembrano prendere il sopravvento, possiamo ricordare che il deserto è un tempo di preparazione, non una punizione.
Gli errori di Israele insegnano a non sbagliare di nuovo.
Seguendo l’esempio di Anna, confidando in Dio meraviglioso e lasciandoci guidare dallo Spirito Santo, come Paolo, possiamo evitare che il nemico offuschi la nostra gratitudine.
Correndo a Gesù, il rifugio, possiamo confidare che Egli ci porterà alle Sue promesse.
La nostra gratitudine oggi è il seme per le benedizioni di domani.
 

Spero che questa meditazione possa portarvi edificazione e benedizione, che Dio vi benedica.

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Scritto da: Abramo Spina

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